La storia di un allenatore…ma prima di tutto di un semplice uomo

arpad La persona di cui sto per raccontare è quella di un uomo di umili origini e estremamente semplice, ma che con poco è riuscito a conquistare tutto quello che era possibile conquistare…dallo scudetto, alla simpatia e all’affetto, ma che poi è stato tradito solo per la sua religione; quest’uomo si chiamava Weisz, il mitico Arpad Weisz. Sicuramente quasi la totalità delle persone che seguono di calcio non ne hanno mai sentito parlare anche se, la sua storia, è una delle più brutte dell’intero Sport. Nessuno conosce meglio la sua storia del bolognese Matteo Marani, direttore del quotidiano sportivo il “Guerin Sportivo”. Matteo ha scritto un libro sulla storia di Arpad, intitolato “Dallo Scudetto ad Auschwitz“, dato che l’allenatore è morto proprio nel campo di concentramento nel 1944. Arpad ha mosso i suoi primi passi da calciatore nelle squadre locali del suo campionato, per poi approdare in Italia nel Padova nel 1924 e poi nell’Inter nel 1925; ma le sue prestazioni non sono molto convincenti, era come se già si sapesse che sarebbe diventato allenatore. Dopo un periodo sabatico in Uruguay torna in Italia come allenatore, e nei suoi primi anni prenderà posto su quella panchina dell’Inter, Bari e infine dell’Ambrosiana. Fino a che nel 1935 firma “il contratto della vita“, in una città dove ha tutto da guadagnare per i suoi tifosi, la città è in Emilia-Romagna, e sanguina rossoblù nelle vene, è Bologna. In quattro stagioni vincerà tutto quello che era possibile vincere, dagli scudetti, alle coppe nazionali, alle coppe continentali (battendo anche il fortissimo Chelsea in finale per 4 a 1) e Weisz ha solo quarantuno anni, ed è il più forte allenatore dell’Europa. Ora però la storia cambia, in modo tanto imprevedibile quanto irriconoscibile. in Italia vi è Mussolini, che stipula le leggi antisemite contro gli ebrei, che afferma che tutti gli ebrei residenti in Italia dopo il 1919 devono andare via dal paese, e Weisz e famiglia sono costretti ad andare in Olanda, dove Arpad nel 1938 allenerà il Dordrecht, una squadra locale. Ma nel 1940 sono costretti a salire su un treno, un treno che è stato fatale per milioni e milioni di perone duarante il regime nazista, il treno è per Auschwitz-Birkenau. Appena arrivati, alla moglie e i figli di Arpad viene detto che dovranno fare una doccia dopo l’estenuante viaggio, ma tutti noi sappiamo che da quei soffioni non uscirà mai l’acqua… Arpad resiste all’inferno del campo per un po’ di tempo, poi il 31 Gennaio 1944 si è arreso contro il suo nemico e muore. Oggi il suo è un nome quasi dimenticato, ma la sua memoria deve essere forte, perché lui è stato un grande esempio di coraggio in quella terribile pagina di storia.

Daniele Emili